• 7 October 2024
Blockchaine filiera alimentare

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La crescente preoccupazione dei consumatori riguardo all’origine dei prodotti alimentari, alla loro sicurezza e alla sostenibilità delle pratiche agricole ha spinto l’industria alimentare a cercare soluzioni innovative per garantire maggiore trasparenza e tracciabilità. In questo contesto, la tecnologia blockchain si presenta come una promettente candidata per rivoluzionare la filiera agroalimentare.

Trasparenza e filiera agroalimentare

La blockchain, questo incredibile e perfetto registro digitale distribuito e immutabile, può davvero diventare un’alternativa al vecchio sistema di registrazione e catalogazione dei dati attraverso una presenza costante di monitoraggio  di un dato prodotto alimentare lungo tutta la sua catena di approvvigionamento. Ogni passaggio, dalla produzione alla distribuzione, può essere tracciato e verificato in modo indipendente, creando una sorta di passaporto digitale per ogni alimento.

E questa trasparenza è molto importante per i consumatori che in questo modo, possono accedere a informazioni dettagliate sull’origine del prodotto, sulle condizioni di produzione e sulla sua storia. Dall’inizio al termine della sua esistenza. Ed è questo che fa la blockchain, aumenta la fiducia dei consumatori nei confronti dei prodotti alimentari, riducendo il rischio di frodi.

La possibilità di scegliere prodotti provenienti da agricoltura sostenibile e tracciare l’impatto ambientale della loro produzione deve essere oggi un punto fondamentale e imprescindibile. E non solo per un’etica della produzione, ma soprattutto per poter creare quel bagaglio di serietà e unicità di ogni prodotto.

Quando la gestione della qualità diventa un principio

Se ci è data la possibilità di identificare rapidamente eventuali problemi di qualità o di sicurezza alimentare su di un dato prodotto, questo è il primo campanello di allarme che consente alle aziende di intervenire tempestivamente. La tracciabilità semplifica i processi di richiamo dei prodotti e migliora di molto, la gestione delle scorte. Punti questi molto importanti se ci riferiamo alla reputazione di una data azienda. E se proviamo ad analizzare le varie normative alimentari in vigore da rispettare, fare riferimento alla catena di nodi decentralizzati può semplificare la gestione di tutta la documentazione esistente. E quali sono queste potenziali (perché ancora da pochi utilizzate) applicazioni nel settore agricolo legate alla blockchain?

Partiamo dalla base, ossia dalla semina. Una visione completamente nuova mette il produttore in relazione direttamente con la linea tracciabile di tutte le sementi di cui ha fatto uso. Dalla semina al raccolto, la blockchain può tracciare l’intero ciclo di vita delle sementi, garantendo la loro autenticità e qualità. Sempre. E tutto questo perché, soprattutto in Italia, siamo obbligati (fortunatamente) a gestire tutta una serie di certificazioni degli stessi prodotti che vanno da quelle biologiche, DOP e IGP (che possono essere registrate sulla blockchain, rendendole più sicure e trasparenti) fino a qualunque altra denominazione che sia legata ad una specifica qualità.

Contraffazione, qualità e smart contracts

Già da diverso tempo la tecnologia blockchain è stata alla base di importanti analisi e tutela di alcuni prodotti per poter combattere sempre di più la contraffazione. L’autenticità delle etichette diventa oggi fondamentale, soprattutto per la percentuale di declino (da non sottovalutare) che ha caratterizzato alcune produzioni alimentari italiane all’interno del mercato europeo. I contratti intelligenti basati sulla blockchain possono automatizzare i pagamenti tra i diversi attori della filiera ad esempio, migliorando l’efficienza e la sicurezza delle transazioni.

Certo sappiamo che l’implementazione di un sistema di blockchain all’interno di una catena di produzione alimentare, può richiedere investimenti significativi, soprattutto per le piccole e medie imprese. Ed è per questo motivo che risulta essere necessario sviluppare standard che siano comuni e condivisibili per poter garantire una reale interoperabilità tra le diverse piattaforme utilizzate nel settore alimentare.

La verità? Eccola. La diffusione della blockchain richiede un cambiamento culturale e l’adozione di nuove tecnologie da parte di tutti gli attori della filiera. E questo non è un argomento facile in Italia. C’è troppa lentezza nel comprendere i motivi importanti che sono alla base dello sviluppo economico legato all’innovazione tecnologica. Certo, il problema legato alla privacy è stato più volte discusso e si è arrivati da tempo alla conclusione e alla certezza che questa sia una prerogativa fondamentale.  

IoT e blockchain, la nuova integrazione

Questo è un altro importante argomento da tenere in considerazione. L’integrazione della blockchain con l’Internet delle Cose (IoT) può essere la base di tracciamento, in tempo reale, dello stato dei prodotti alimentari lungo tutta la catena di approvvigionamento. Gli alimenti avrebbero allora una loro rappresentazione virtuale spendibile sotto la forma di token non fungibili (NFT) sulla blockchain. Questo andrebbe a creare un mercato digitale per i prodotti alimentari di alta qualità.

E questa è una certezza perché i contratti intelligenti potrebbero automatizzare i pagamenti e le transazioni tra i diversi attori della filiera, portando nettamente ad una migliore efficienza e sicurezza. Eppure continuano ad esserci non poche barriere. Perché? L’implementazione su larga scala della blockchain nel settore alimentare si scontra nello specifico, con una serie di ostacoli. Tra i principali, ci sono i costi iniziali di implementazione, e questo è un dato di fatto già più volte trattato. Quello che però blocca di più è la complessità tecnologica e la necessità di una formazione specifica del personale che attualmente manca, e tanto anche. Troppa resistenza al cambiamento.

Conclusioni

Attualmente in Italia abbiamo un registro istituzionale importante che si occupa di tracciare gli alimenti attraverso la catena decentralizzata, ma la strada non è ancora così affollata di aziende che vogliono davvero impegnarsi nel cambiamento. La domanda che ci si fa è semplicemente questa: quanto dura il periodo di osservazione prima dell’effettivo start produttivo?