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Indice
- L’architettura del controllo remoto
- La questione dell’autonomia supervisionata
- Privacy e trasparenza nel browser fantasma
- I limiti dell’automazione intelligente
- L’inevitabile futuro automatizzato
OpenAI ha annunciato pubblicamente ChatGPT Agent il 17 luglio 2025, con un post sul proprio blog e una demo in live stream, presentandolo come un passo significativo verso assistenti AI capaci non solo di rispondere alle domande ma anche di agire operativamente per conto dell’utente. Il termine significativo è qui utilizzato con quella generosità semantica che caratterizza i comunicati stampa del settore tech, dove ogni aggiornamento diventa una rivoluzione e ogni nuova funzionalità promette di ridefinire l’interazione uomo-macchina.
ChatGPT Agent rappresenta l’ennesimo tentativo di OpenAI di trasformare il proprio chatbot da semplice conversatore a factotum digitale. Ora è in grado di interagire attivamente con i siti web, cliccando, filtrando e raccogliendo risultati più precisi ed efficienti. In più, è possibile passare con naturalezza da una semplice conversazione alla richiesta di azioni direttamente nella stessa chat. La promessa è dobbiamo dire veramente molto seducente.
L’architettura del controllo remoto
Dal punto di vista tecnico, Agent si basa su un’architettura che combina il modello linguistico tradizionale con un browser remoto controllato programmaticamente. La nuova modalità permette all’intelligenza artificiale di compiere azioni in autonomia, interagendo con browser, strumenti web e terminale direttamente all’interno dell’interfaccia della chat. La magia avviene attraverso un sistema di computer vision e controllo dell’interfaccia utente che consente al sistema di interpretare pagine web e interagire con gli elementi dell’interfaccia come farebbe un utente umano.
E quali sono i compiti che può svolgere con questa sua nuova autonomia? Di sicuro la gestione dei calendari, la creazione di presentazioni modificabili e l’esecuzione di codice, e il tutto attraverso comandi in linguaggio naturale. Il sistema può dunque interpretare istruzioni vaghe come “Ehi, prenota un tavolo per due persone domani sera”, e tradurle in una sequenza di azioni concrete. Andrà quindi a cercare attraverso adeguata navigazione il sito del ristorante, la compilazione del modulo di prenotazione, e la gestione dell’autenticazione e conferma finale. Niente male vero?
La questione dell’autonomia supervisionata
Quindi, ricapitolando, ChatGPT Agent tiene memoria del contesto in cui sta operando, sa riprendere una conversazione interrotta e, soprattutto, è in grado di auto-correggersi. Infatti, se un passaggio dovesse fallire, proverebbe a risolverlo autonomamente prima di chiedere supporto. Questa capacità di auto-correzione rappresenta uno degli aspetti più interessanti dell’implementazione, ma anche uno dei più problematici. Il sistema può riconoscere quando un’azione non ha prodotto il risultato atteso e tentare strategie alternative, ma la definizione di fallimento rimane inevitabilmente limitata a parametri predefiniti.
L’approccio di OpenAI alla gestione degli errori rivela un pragmatismo che sfiora potremmo dire quasi il cinismo: piuttosto che tentare di prevenire ogni possibile malfunzionamento, il sistema è progettato per recuperare con molta dignità (la sua forse) dai fallimenti più comuni. È una strategia sensata dal punto di vista ingegneristico, ma che lascia molte perplessità sulla responsabilità delle azioni compiute dall’agente.
Privacy e trasparenza nel browser fantasma
OpenAI ha progettato ChatGPT Agent parlando di garanzia e di massima trasparenza e riservatezza. I dati inseriti nel browser remoto non vengono salvati nei server di ChatGPT, e l’utente mantiene sempre il controllo. Questo vuol dire che i cookie sono gestiti in base alle policy dei siti visitati, ma l’utente può eliminare i dati di sessione in qualsiasi momento. La promessa di privacy suona bene sulla carta, ma ci fa venire spontanea una domanda: “se il browser è remoto e gestito da OpenAI, come può l’utente verificare effettivamente che i propri dati non vengano processati e memorizzati temporaneamente?”. Questo è un bel paradosso. Mentre OpenAI afferma di non salvare i dati, il sistema deve necessariamente mantenere uno stato di sessione per operare efficacemente. Questo limbo tra trasparenza dichiarata e opacità operativa è emblematico dell’intero settore dell’AI, dove le promesse di privacy spesso sono in grande conflitto con le necessità tecniche dell’implementazione.
Quello che vorremmo sottolineare è che ChatGPT agisce. Legge, scrive, clicca, compila moduli online, naviga siti web, gestisce e-mail, aggiorna documenti, analizza fogli di calcolo, prenota eventi e organizza attività, come potrebbe fare con la massima efficienza un assistente umano specializzato.
I limiti dell’automazione intelligente
Si tratta di uno strumento avanzato che va ben oltre il semplice dialogo con un’intelligenza artificiale. Il suo scopo è quello di eseguire azioni complesse in modo autonomo. Offrendo un tipo di interazione che supera ciò a cui siamo stati abituati finora con le precedenti versioni di ChatGPT. L’entusiasmo per le capacità operative di Agent non dovrebbe però oscurare i suoi limiti intrinseci. Il sistema rimane fondamentalmente reattivo, incapace di iniziativa e di comprensione contestuale profonda.
La vera sfida non è tecnica ma epistemologica, ossia, come può un sistema che non comprende realmente il nostro mondo, navigare efficacemente in ambienti digitali progettati per esseri umani? Agent eccelle nei compiti procedurali e ripetitivi, ma rimane vulnerabile a tutti i contesti che richiedono giudizio, creatività e soprattutto comprensione di sfumature culturali.
L’inevitabile futuro automatizzato
Agent rappresenta un passo evolutivo significativo nell’automazione dell’interazione digitale, ma non la rivoluzione che OpenAI vorrebbe farci credere. È uno strumento potente per compiti specifici, limitato dalle stesse contraddizioni che caratterizzano l’intelligenza artificiale contemporanea, e cioè promesse grandiose, implementazioni pragmatiche e una tendenza sistematica a sopravvalutare le proprie capacità. La vera misura del successo di Agent, a nostro avviso, non sarà la sua capacità di completare compiti complessi, ma la sua abilità di farlo in modo affidabile e prevedibile. In un mondo dove l’automazione è sempre più pervasiva, la competenza tecnica è meno importante della fiducia sistemica. E su questo fronte, ChatGPT Agent ha ancora molta strada da fare.