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Senza farsi trasportare troppo dal pensiero laterale, cercheremo di analizzare il processo attraverso il quale la nuova tecnologia ideata dalla società di Elon Musk, cerca di aiutare soggetti affetti da varie patologie cerebrali invalidanti e croniche a fare un passo in avanti in quasi totale autonomia.
Neuralink e l’autonomia del futuro (forse)
Siamo ancora in realtà in fase di test, anche se il primo paziente è già una realtà. Sono stati, prima che avvenisse il reale intervento sull’uomo, diverse le persone affette da tetraplegia dovuta a lesioni del midollo spinale e con sclerosi laterale amiotrofica (SLA) a partecipare alle selezioni, se così possiamo definirle, per capire quale fosse il soggetto deputato ad essere quello più idoneo. Obiettivo principale è quello di mettere in condizioni coloro che sono affetti da paralisi o cecità di poter utilizzare un computer o altri device per poter comunicare autonomamente.
Secondo Musk, questo sarà solo l’inizio di una futura e totale simbiosi tra l’essere umano e l’intelligenza artificiale. La sperimentazione attualmente utilizza robot per poter posizionare chirurgicamente un’interfaccia cervello-computer in una regione del cervello ben definita e addetta al controllo degli impulsi al movimento. Quello che si è cercato di fare è stato mettere in condizione il soggetto trattato di poter controllare un mouse o una tastiera utilizzando unicamente la forza del pensiero.
L’impianto di Telepathy
I primi esperimenti del chip di Neuralink sono stati effettuati su scimmie malate terminali. NoMonkey, la scimmia su cui si erano incentrate tutte le speranze, purtroppo non è riuscita a salvarsi, e proprio a causa del chip impiantato è morta. Dopo questo episodio il team aveva comunque fatto saper che sarebbero stati pronti ad intervenire su di un essere umano nell’arco di sei-otto mesi. E così infatti è stato. E cosa succede nello specifico quando si immette questo chip nel cervello?
Nel 2016, Noland Arbaugh subì una grave lesione del midollo spinale mentre nuotava in un lago. Oggi ha trent’anni, e nel tempo ha imparato a muoversi su una sedia a rotelle e ad usare un piccolo joystick per comandare un iPad. Nonostante sia riuscito ad adattarsi alla sua nuova realtà, la parte più difficile, per lui, è sempre stata quella di non essere indipendente. Nel gennaio del 2024, Arbaugh è diventato la prima persona a ricevere il dispositivo sperimentale di Neuralink, chiamato Telepathy.
Cos’è e come funziona Neuralink
L’interfaccia di paternità dell’azienda di Elon Musk decodifica i segnali di movimento inviati dal cervello e li trasforma in comandi per il computer. Questo vuol dire che se Arbaugh immagina di spostare il cursore del pc, il cursore si sposterà, senza che lui faccia nient’altro. Si tratta quindi di una brain-computer interface che funziona captando l’attività elettrica del cervello e convertendo i segnali in comandi che permettano così di controllare un dispositivo che è esterno. Il chip attualmente è grande come una moneta da cinquanta centesimi ed è dotato di mille microelettrodi, per registrare l’attività elettrica prodotta da altrettanti neuroni cerebrali. L’impianto di Neuralink può inoltre contare su 1024 elettrodi in totale, che consentono di captare un maggior numero di dati dal cervello, a patto però che rimangono in posizione. Non siamo però ancora arrivati ad una vera e propria trasmissione di pensiero.
Problematicità e disfunzioni tecniche
L’idea portata a termine dal gruppo di ricercatori e scienziati di voler introdurre un elettrodo in un neurone, o vicino a un neurone, cercando di rilevarne l’attività elettrica, potrebbe anche portare ad evidenti e continue crisi epilettiche. Senza contare il rischio di emorragie o setticemie. Altro problema per il paziente potrebbe essere quello della vicinanza di campi elettromagnetici che potrebbero portare ad un mal funzionamento dell’impianto o addirittura alla suo blocco.
E tutto questo fa pensare, in un’era in cui le auto elettriche si stanno espandendo molto velocemente, per non parlare del 5G e di tutte le altre forme di campi elettromagnetici che ben presto si sostituiranno alla maggior parte degli “ombrelli” mediatici sotto cui viviamo. Questo però non sembra ancora essere un problema per il team di Elon già pronto fra pochi giorni ad innestare un secondo impianto nel cervello di un altro paziente che si presterà a fare da cavia per il futuro della tecnologia e della medicina.
Non ha bisogno di sponsor Musk, quello sicuramente non è un suo problema. Resta il fatto di un continuo rimando ad un etica non solo professionale (con l’intelligenza artificiale ormai ci siamo abituati), ma quanto più umana, piccolo particolare questo che dovrebbe fare la differenza. Non vogliamo essere polemici, ma aspettiamo (non possiamo dire con ansia perché ci sono vite umane da rispettare) di vedere alla lunga cosa accadrà e cosa riserverà il futuro.