• 6 November 2024
Il nuovo giornalismo dell'intelligenza artificiale

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Facciamo un attimo il punto. Partiamo dai ripetuti approcci parlamentari alla regolamentazione dell’AI, in campo sia pubblico che privato. Anche se su questo punto ci sarebbe da aprire un’altra tipologia di discussione. La questione però è molto semplice. Si continua a guardare all’intelligenza artificiale come a qualcosa che potrebbe disturbare le linee esistenziali e produttive del genere umano. E forse non è una strada questa tanto giusta.

Intelligenza artificiale e informazioni

Se ne parla (la maggior parte delle volte senza conoscerla minimamente) come di qualcosa di astratto e pericoloso. Oppure la si inneggia come soluzione in alcuni campi con grandi ritorni poi di critiche se non applicata nel modo giusto. Non è il primo articolo questo che scrivo sulla beltà e sulla diffusione sempre più stratificata dell’AI in ogni campo e settore. L’ho trattata in relazione ai progressi importantissimi in campo medico, così come ho cercato di analizzarla in rapporto al futuro cinema (ancora molto prossimo). Quello che però più mi ha colpito è come si stia lavorando dai piani alti per un controllo sottile (insomma…) del suo utilizzo nello stesso momento in cui la si demonizza.

Mi riferisco al mondo dell’informazione. Premetto che sono più che certa che questo sia il primo “sound” naturale dell’intelligenza artificiale, ossia la generazione di contenuti per comunicare qualcosa. Ecco, e dato che siamo in terra algoritmica natia, non resta che fare il famoso uno più uno cercando di capire perché se ne parli in maniera molto critica a livello internazionale quando poi nascono partnership globali come quella che vede OpenAI agganciata al gruppo News Corp.

OpenAI e il gruppo globale dell’informazione

Certo, sono aziende, e come tali sono portate a fare continui accordi per crescere sempre di più. Va bene, però almeno che si sia coerenti con la definizione di intelligenza artificiale e suoi utilizzi in campo giornalistico (ad esempio) e della comunicazione. Cosa accade dunque dopo questo storico allaccio (perché parliamo di qualcosa di realmente importante a questo punto).

Succede che con questo accesso doppio OpenAI avrà accesso ai contenuti (anche quelli in archivio)  di realtà come The Times, The Sun, The Wall Street Journal, The Daily Telegraph, e potremmo continuare con una lista ancolra più lunga. Cosa vuol dire tutto ciò? Una cosa bella in realtà, e cioè che il modello di apprendimento automatico mondiale potrà utilizzare questi contenuti (scritti da veri giornalisti) per aumentare il livello qualitativo delle sue risposte agli utenti. E tutto questo ci fa un immenso piacere.

Ma allora perché si cerca tanto di deviare la formattazione mentale di apprezzamento nei riguardi del tanto chiacchierato algoritmo? Dare alle persone la possibilità di fare scelte molto bene informate e basate su informazioni affidabili e fonti di notizie dovrebbe essere un grado di arricchimento per tutti. Perché qui si parla di veridicità dei contenuti. Come ben sappiamo l’AI ancora soffre di allucinazioni momentanee, e spesso le sue risposte ci fanno sorridere con un lato della boccuccia.

Accordi e disaccordi?

Con questo accordo dovremmo almeno sperare di stare un po’ più sereni. Certo, si tratta sempre di stare sul filo della connessione più pulita, ma si spera che la partnership sia rivolta soprattutto a questo. Giornalismo e tecnologia, trovo che sia un connubio davvero importante per il futuro. E il fatto che si possa dare la possibilità a tutti di avere ottime risposte con standard qualitativi alti non lascia alcuno spazio a critiche o obiezioni.

C’è poi un altro punto. E cioè quello che riguarda il diritto d’autore per ciò che si è pubblicato o dato alla stampa. Certo, non tutti scrivono sui grandi quotidiani americani, ma questo poco importa. L’algoritmo pesca senza mai fermarsi. E a questo punto andrebbero riletti alcuni passaggi della linea di regolamentazione. Per il momento andiamo oltre e vediamo come si risolverà l’attenta e personalizzata ricerca degli utenti americani attraverso i loro prompt relativi alle informazioni. Anche i giornalisti però fanno ricerca, e questo non è assolutamente un punto trascurabile.

Algoritmo e cultura dell’AI

È davvero innegabile quindi che l’IA offra nuove ed entusiasmanti opportunità per il settore dell’editoria; ognuna di queste però, richiede che ci sia a monte (e non solo) una riflessione critica e un’attenzione costante a garanzia di un giornalismo che non sia solo accurato e giusto ma anche molto responsabile. In altre parole, un giornalismo che mantenga un equilibrio tra le raccomandazioni alimentate dall’IA e quel passaggio di mano “umana”, con l’obiettivo finale di costruire un’esperienza di lettura che sia davvero diversificata.

Parliamo allora di competenza editoriale reale ed umana. E dire questo ha un solo significato e cioè quello di aprire sicuramente le porte all’innovazione tecnologica, ma avendo sempre uno sguardo chiaro, soprattutto nel bel mezzo della rivoluzione dell’intelligenza artificiale.

Conclusioni

Certo, siamo solo all’inizio, ma se non si perderà di vista la cura umana dei contenuti, il potere degli algoritmi di intelligenza artificiale potrà unicamente rispondere alla crescente domanda di identificazione e proposta di contenuti che man mano diventeranno sempre più personalizzati. Tutto questo non farà altro che alimentare la nostra competenza editoriale ampliando così l’esposizione dei lettori a una varietà di argomenti che raggiungerà e andrà oltre gli interessi abituali, rispettandone sempre la coerenza.