• 4 December 2024
Intelligenza artificiale e scrittura umana

Indice

Introduzione

Siamo continuamente con lo sguardo sui nostri smartphone per leggere notizie, articoli, guardare video (metto anche quelli). Passiamo ore davanti al PC per lavoro, distrazione o semplicemente per capire come si possa eseguire una ricetta alla perfezione. Tutto quello che guardiamo interessa la linea della decifrazione da parte dell’occhio prima e del nostro cervello poi. Tutto è scritto, tutto è definito attraverso segni che riconosciamo come base di un contenuto. Scrivere è da sempre stato dimostrato essere uno dei percorsi di crescita mentale maggiori per l’essere umano. L’apprendimento passa per la capacità di elaborazione del pensiero in forma scritta.

Ogni parola, periodo, frase ha una sua motivazione e quasi sempre un obiettivo ben preciso. Siamo inondati da diverse strategie di marketing che cercano in tutti i modi di diventare slanci di empatia e di sottile convincimento a fare, comprare, partecipare. E tutto questo passa dalla scrittura (e naturalmente dalle immagini). Anche i podcast devono comunque fare i conti con questa esigenza dello sguardo umano impegnato nell’ascolto e nell’apprendimento. Fin qui però nulla di nuovo, ad ognuno il suo contenuto e ad ognuno la sua convinzione di aver scritto la cosa migliore. Fino a quando non abbiamo iniziato a giocare con l’intelligenza artificiale generativa. E da qui può partire questo articolo.

Differenze e ridondanze inutili

Per chi lavora a stretto contatto con l’intelligenza artificiale (AI o IA) questo interrogativo è basilare, ossia “Sto vanificando i miei sforzi di comunicare qualcosa con l’adozione di questa pratica fredda e schematica?“. Io almeno ragiono in questo modo. E ancora “E’ possibile dare alla generazione di contenuti AI un tono che sia più empatico (sempre la stessa aggettivazione) per arrivare agli utenti in maniera comunque più veloce? Bene, proviamo a chiederlo alla stessa intelligenza artificiale.

Ciao Fabiana! La tua domanda tocca un tema affascinante che riguarda sia la comunicazione umana sia l’intelligenza artificiale. Ci sono vari motivi per cui la scrittura umana e quella generata da un’intelligenza artificiale (IA) come ChatGPT possono avere punti in comune. Ecco alcuni aspetti principali:

  1. Imitazione del linguaggio umano: ChatGPT è addestrato su una vasta gamma di testi scritti da umani, dai romanzi ai siti web informativi, passando per conversazioni e molto altro. L’obiettivo è imparare a imitare il modo in cui gli umani usano il linguaggio per comunicare. Quindi, la scrittura generata da ChatGPT cerca di riflettere strutture linguistiche, stili e modelli di pensiero tipicamente umani.
  2. Comunicazione efficace: Sia la scrittura umana che quella generata da IA mirano a comunicare idee, informazioni, emozioni e intenzioni in modo chiaro ed efficace. Entrambe cercano di adattarsi al contesto e al pubblico, usando toni, registri e terminologie appropriate.
  3. Creatività e generazione di nuovi contenuti: Anche se la capacità di un’intelligenza artificiale di essere “creativa” è diversa e più limitata rispetto a quella umana, entrambe cercano di generare contenuti che siano interessanti, coinvolgenti o utili per chi legge. Questo include la creazione di storie, la formulazione di risposte a domande o la proposizione di soluzioni a problemi.
  4. Apprendimento e adattamento: Proprio come gli esseri umani imparano nuovi modi di esprimersi e adattano il loro stile di scrittura a seconda delle esperienze e del feedback ricevuto, anche le IA come ChatGPT sono progettate per apprendere dal vasto corpus di testi su cui sono addestrate e, fino a un certo punto, adattarsi alle richieste e ai modelli di interazione degli utenti.
  5. Riflessione della diversità linguistica e culturale: La scrittura umana è profondamente radicata nelle diverse culture e contesti sociali, riflettendo una vasta gamma di voci e prospettive. Anche se una IA non può sperimentare il mondo allo stesso modo degli umani, cerca di riflettere questa diversità linguistica e culturale attraverso i dati su cui è stata addestrata.

Tuttavia, ci sono anche differenze significative, specialmente per quanto riguarda la comprensione profonda, l’esperienza soggettiva e l’emozione, che sono intrinsecamente umane e non pienamente replicabili da un’intelligenza artificiale. La scrittura generata da IA può emulare stili e generare risposte plausibili, ma manca della profondità di comprensione, delle esperienze vissute e dell’autenticità emotiva che caratterizzano la scrittura umana.

Osservazione e iniziale adattamento mentale

Molto bene. Qui abbiamo un esempio lampante di come l’intelligenza artificiale stia operando nelle nostre menti. In che modo? Prima di tutto nell’elencare e schematizzare gli argomenti. Mi riferisco soprattutto al mondo vasto degli articoli e dei post, ma anche delle presentazioni, sinossi, introduzioni, analisi di argomentazioni. L’AI ci obbliga lentamente (e senza che nessuno se ne accorga più di tanto) a fare altrettanto con la nostra abitudine mentale: schematizzare ed elencare gli argomenti. Questo è un grande errore, perché interrompe quel flusso di lettura che definisce realmente un lavoro di ricerca che sta dietro a qualunque contenuto espresso (e pubblicato).

I numerini, le frasi o le parole in grassetto, i “Tuttavia”, il verbo “utilizzare”. Tutte queste espressioni e modalità stanno iniziando ad entrare nella forma (ne leggo continuamente) degli articoli pubblicati a livello mondiale. Sui giornali importanti, come post, come commenti, come libri, come narrazione essenziale. Risultato? Freddezza, schematicità, impoverimento dei contenuti stessi. Allora bisogna chiedersi come veicolare realmente questa forma straordinaria di tecnologia facendo attenzione a non diventare più ignoranti. Avete mai notato che la gente comincia a dire sempre più spesso “una vasta gamma?”, o ad usare e lasciare questi continui “tuttavia” (non mi stancherò mai di ripeterlo). E anche questo non va molto bene.

Libri, autenticità e soluzioni

E’ vero, la giapponesina che ha vinto il premio nazionale per la letteratura, narrativa, o quello che di importante era, è stata sincera e lo ha detto pubblicamente: “Ho scritto il mio libro con l’intelligenza artificiale”. Certo, anche io ne ho scritto uno, ma era per spiegare “come si usa” l’intelligenza artificiale. Altrimenti, a mio avviso, si perde un sacco di percorso emotivo. E se le emozioni sono parte integrante del nostro respiro esistenziale, va fatta una reale distinzione sui metodi e le regole. Ben venga allora l’intelligenza artificiale, ma che se ne faccia un giusto utilizzo (ecco ho usato anche io questo verbo).

Conclusioni veloci

Cerchiamo quindi di non centellinare il pathos che fa parte della reale natura d’effetto di un buon contenuto. Evitiamo i grassetti iniziali. E se ci dovesse capitare di perdere il filo mentre usiamo l’AI (perchè andiamo di fretta) controlliamo che tutte le inziali delle parole di un dato titoletto non siano maiuscole. Non dobbiamo abituarci alla schematizzazione veloce che non porta a grandi risultati di attenzione da parte di chi legge. Per quanto l’AI possa abituarci a minori tempo di gestione generativa dei contenuti, ci vorrà ancora un bel pò di tempo prima che si riuscirà ad addestrarla del tutto. Nel mentre non perdiamoci di vista, perché le sensazioni valgono più dei punteggi finali.