• 25 May 2025
Maria Pia Rossignaud

Maria Pia Rossignaud è una giornalista, divulgatrice appassionata di innovazione e per questo molto curiosa. Durante la nostra intervista parlandomi e citando con una fluidità incredibile, un libro più interessante dell’altro (sempre su temi legati alle nuove tecnologie abilitanti), mi ha fatto capire ancora una volta quanto sia importante pensare con la propria testa, valutando, analizzando e sviluppando sempre quel senso critico che riesce a farci vedere le sfumature del più piccolo particolare, qualunque sia il colore che ci circondi. Forse sarà perché fare questo lavoro lo aveva già deciso quando aveva sedici anni e la sua famiglia la voleva professoressa. Lei invece, da stagista, con entusiasmo, scriveva su due astronauti che per la prima volta provarono a fare l’amore nello spazio. L’articolo guadagnò la prima pagina de “Il Mattino di Napoli”, ma suo nonno non la prese affatto bene, e quella fu una grande delusione che la portò a riflettere, per la prima volta, sulle differenze di genere. Questo dialogo molto edificante per me (ho già fatto la mia lista di libri da comprare) è nato perché ritengo che Maria Pia Rossignaud (Direttore di Media Duemila e Vicepresidente dell’Osservatorio TuttiMedia) abbia una conoscenza dell’universo digitale internazionale non comune e che rappresenti un punto di riferimento, per quanti oggi cercano di comprendere come barcamenarsi nel mondo dell’intelligenza artificiale con i tanti algoritmi che la regolano. Parto quindi con la prima domanda.

Quale ritieni sia stata l’evoluzione più significativa nella comunicazione italiana negli ultimi anni rispetto all’integrazione dell’intelligenza artificiale? Che cosa ne ha guadagnato?

Guadagnare è una grande parola, siamo ancora in mezzo al mare. L’emblema di quello che è successo e che sta accadendo credo possa essere il libro Ipnocrazia, scritto da un collettivo che ha creato anche un fantomatico autore, tutto digitale.  Il libro è stato stampato e venduto, tutti hanno creduto nell’esistenza di questo autore, ma in realtà era stato creato chiedendo alla macchina cosa fosse l’esplosione dell’intelligenza artificiale generativa. Questa esplosione, secondo gli esperti del momento, è la conseguenza di una trasformazione che dal digitale ci porterà alla quantistica. Stiamo vivendo l’apice, lo scoppio di un fuoco d’artificio, perché la velocità dell’intelligenza artificiale generativa è stata incredibile: in un mese, nel 2023, siamo arrivati da zero a un milione di utenti, cosa mai successa prima. Nel 2024 con l’Osservatorio TuttiMedia abbiamo discusso di “2025 anno zero della trasformazione digitale” perché siamo arrivati al momento in cui tutte le previsioni di cambiamento avviate e predette dal ’95 ad oggi si sono realizzate: è cambiato il cinema, il retail, la ricerca, le aziende, il modo di fruire la realtà con il Metaverso ad esempio.

Come vedi il rapporto tra intelligenza artificiale e controllo dell’informazione?

Siamo in una fase critica. Con l’intelligenza artificiale generativa abbiamo una protesi cognitiva, l’esternalizzazione del potere decisivo dell’uomo è una novità su cui riflettere molto. Mentre tutto il nostro sapere esce dalla nostra testa ed arriva alla macchina quest’ultima può indurre decisioni. L’economia dell’attenzione, che non è solo un modello di business – noi giornalisti ci conviviamo da sempre – è arrivata alla sua massima espansione. Penso alle nuove generazioni che hanno bisogno di educazione ai media per usare al meglio gli strumenti che la modernità offre.

Qual è il problema principale dell’informazione oggi?

L’enorme quantità di informazione ha determinato l’abbassamento del livello qualitativo. Nel contesto dei nuovi e vecchi media non si è trovato ancora un equilibrio. Noi di TuttiMedia abbiamo lanciato il progetto “News Media for Good”, allo scopo di far riflettere sulla necessità di algoritmi dell’informazione che possano portare alla sostenibilità economica per tutti i media. Non credo che la a personalizzazione dell’informazione possa essere la soluzione, e credo che poter avere uno sguardo ampio sul mondo sia sempre positivo. La mentalità critica, la mente aperta vengono dalla lettura di libri, articoli che propongono analisi e punti di vista diversi. La mia generazione è abituata leggere criticamente, a confrontare versioni diverse per arrivare a un’opinione personale. Ma oggi, con un’informazione personalizzata e verticalizzata, come si forma l’opinione?

Come dovrebbe evolversi il ruolo del giornalista nell’era dell’AI?

L’informazione di qualità resta ai giornalisti che utilizzando gli strumenti del mondo digitale quale è l’intelligenza artificiale possono servire al meglio il loro pubblico. Giampiero Gramaglia, amico, e grande giornalista durante un convegno disse di non aver paura dell’IA generativa perché la macchina riporta tutto ciò che i giornalisti hanno già scritto: ma i resoconti delle novità non sono per la macchina. Sulla figura del giornalista del futuro mi viene in mente la definizione che Marco Pratellesi, un altro grande giornalista dedicato all’innovazione, ha condiviso con noi di TuttiMedia che lo immagina come il responsabile della torre di controllo di un aeroporto. Ai giornalisti, ieri come oggi e anche domani, (spero) va la responsabilità morale, etica e materiale di quello che viene pubblicato. Deve verificare i fatti, scegliere fonti attendibili.

Mi parli del concetto di “capitale cognitivo digitale”?

Insieme al professor de Kerckhove (Derrick de Kerckhove sociologo e direttore scientifico di Media Duemila) abbiamo costruito uno Small Language Model chiamato “DerrAick” con tutti gli articoli che lui ha scritto dal 2009 in poi. È possibile dialogare con questo gemello digitale del professore facendo domande sugli argomenti che lui approfondisce. Ciascuno di noi può costruirsi il proprio capitale cognitivo digitale.  Per esempio, se tu volessi dialogare con me in un momento in cui non fossi disponibile, lo potresti fare interagendo con il mio alter ego digitale costruito sul mio archivio lavorativo. In questo modo le risposte sono circoscritte al mio capitale cognitivo.

Come vedi il futuro dell’educazione in relazione alla tecnologia?

L’educazione è ancora fondata su canoni vecchi, risalgono al 1900. Oggi i ragazzi dovrebbero essere addestrati diversamente: io li farei stare un’ora al giorno a fare domande all’intelligenza artificiale, poi li manderei in biblioteca a verificare se quello che ha detto l’AI è giusto o sbagliato. I cinesi stanno facendo questo: alle elementari fanno un’ora alla settimana di intelligenza artificiale. L’Italia cosa fa? pochissimo. Le categorie sociali ed economiche sono ancora troppo legate al business tradizionale. La scuola andrebbe completamente rinnovata.

Qual è la situazione delle donne nel settore tecnologico?

C’è stato un momento di esplosione qualche anno fa, con ragazze che hanno provato a fare startup, ma il Covid è stato purtroppo un pesante macigno che ha creato una chiusura. Le donne sono state quelle che si sono prese cura di tutto: se stai a casa, cucini, ti prendi cura della persona anziana, del figlio. E questo ha rallentato tutto. Dopo il Covid è tornata a lavorare una donna su tre. Abbiamo bisogno di un welfare adatto alle pari opportunità. Se il bambino sta male e mio marito è a Hong Kong, a chi lo lascio? Il problema delle donne, e non è un problema legato al mondo STEM, spesso i sogni restano nel cassetto perché non hanno il sostegno che serve dalla società. E poi c’è la questione dell’orologio biologico: i figli si possono fare fino ad una certa età e dunque ancora oggi si vive lo stress della scelta.

Quale messaggio vuoi lanciare per il futuro?

Non dobbiamo fare la fine delle rane bollite – non dobbiamo vivere passivamente mentre la temperatura si alza e ci bolle il cervello.  Dagli anni ’90 le nostre protesi tecnologiche avanzano: prima il computer, poi il telefonino, ora l’intelligenza artificiale come protesi cognitiva. Dobbiamo avere fiducia nelle nuove generazioni, sapranno sicuramente tirare fuori il meglio dall’investibile simbiosi che si creerà fra l’uomo e la macchina. E credo nelle visioni che conducono verso l’equilibrio sostenibile per tutti, in questo caso l’uomo, la natura, gli animali e la tecnologia. La terra è l’ecosistema che dobbiamo salvaguardare, usare bene e per buoni fini le intelligenze che sono fuori dal nostro cervello è un’opportunità. Dobbiamo rimanere vigili ma fiduciosi, utilizzare la tecnologia mantenendo il nostro pensiero critico e sempre la nostra umanità.