• 27 July 2024
Realtà Virtuale

C’è un aspetto terapeutico della Realtà Virtuale che sta crescendo e che sta portando non pochi benefici.

Dimensioni virtuali e pensiero emotivo

Ci stiamo rendendo conto che abbiamo bisogno di conoscere la realtà delle cose che ci vengono proposte in un modo nuovo. Lo pensiamo noi, o ce lo stanno proponendo? La nostra mente è collegata ormai al ciclo vitale delle tecnologie. I social network sono un riferimento quotidiano costante che misura anche le nostre vite sotto molti aspetti. Professionalmente sentiamo l’esigenza di misurarci con il contesto globale attraverso le dinamiche di interazione online. Riusciamo quindi ad avere il metro di quello che stiamo elaborando o che abbiamo portato a termine facendo in modo che questo venga condiviso continuamente sulle piattaforme più idonee. La Realtà Virtuale e il suo slancio metaversiano sono diventati una costante argomentativa. E la possibilità di esplorare nuove dimensioni e sensazioni sentendoci coinvolti in maniera positiva è diventato un trend da analizzare.

L’illusione che cura

Sappiamo che attraverso la VR possiamo trovarci in ambienti completamente nuovi e privi di contatto con la realtà se non per le nostre emozioni. Questa nuova modalità di conoscenza esperienziale diventa anche una modalità di apprendimento completamente diversa per la mente. Si sta lavorando molto affinché l’esperienza immersiva diventi multisensoriale. E’ quella che viene definita extensive virtual reality, dove entrano in gioco altri sensi, come il tatto e l’olfatto. Si tratta di un livello di fedeltà sensoriale, se così possiamo definirlo, che porta ad abbandonarci maggiormente a quello che sentiamo. E’ come se tutto fosse possibile e privo di cadute in un ambiente che non è la realtà ma che ne sia solo una simulazione temporanea.

La terapia simulata

Quello che accade precisamente nel tempo di immersione virtuale è la consapevolezza di essere in grado di dare una risposta a quello che pensiamo di provare e di vedere. In questo caso lo studio della VR come strumento altamente terapeutico è la riprova della presenza di una risposta psicologica da parte dell’utente immerso. Gli studi e le prove ottimizzati sulla qualità esperienziale attraverso la VR degli ultimi anni, hanno pienamente dimostrato che la prima cosa evidenziata è la destrutturazione dello stress. E’ quindi il rilassamento l’ingresso principale attraverso cui alimentare il grado di immersività in ambito psicologico. Molto si è compreso anche nel creare una relazione idonea per tutti quei soggetti che soffrivano di ansie dovute ad episodi post-traumatici. Anche l’ambito connesso ai disturbi dell’alimentazione è stato preso come campione di un’attenta analisi e conseguente valutazione.

La VR che cura l’ansia

Si chiama flooding, ed è la tecnica che si basa sul rilassamento indotto attraverso la Realtà Virtuale. Il paziente immerso darà continui feedback a seconda delle situazioni all’interno delle quali verrà a trovarsi. Si parlerà quindi di una vera e propria guida al rilassamento con una esposizione alla virtualità della situazione con differenti parametri. In particolare la tecnica dell’esposizione è stata usata molto in tutte quelle forme patologiche legate ai disturbi alimentari (mirror exposure therapy). Quello su cui si dovrebbe porre sempre l’attenzione è il risparmio ingente che si avrebbe e che si ha nel caso specifico già collaudato, per quel che concerne le ambientazioni. Il luogo, la location, lo studio, o anche l’escursione esterna per attivare meccanismi mentali a contatto con determinate situazioni. Tutto questo può in maniera qualitativamente alta essere sostituito dalla land virtuale.

Avatar e psiche

Molto interessanti le ricerche condotte sulla sensibilità mentale legata al proprio corpo. Questo in rapporto ai disturbi alimentari. Fare in modo che un paziente possa sentirsi e immedesimarsi in un corpo diverso dal proprio serve come termometro emotivo. Le reazioni psicologiche di un paziente immerso rispetto alla propria caratteristica fisica virtuale dicono molto sullo stato patologico legato poi al disturbo. Si parlerà quindi di embodiment o processo di incarnazione, quando un paziente vive attraverso caratteristiche corporee completamente diverse da quelle proprie reali. Catturare e analizzare i livelli ansiogeni emersi dall’osservazione del cambiamento fisico del proprio avatar è una forma di terapia in VR che ha dato grandi risposte positive.

Conclusioni

Sono diversi gli aspetti che caratterizzano l’uso della Realtà Virtuale in campo terapeutico. Ci sono scuole di pensiero che vedono nella multi-utenza (MUVR) un ottimo metodo per aiutare pazienti colpiti ad esempio da ictus. In un’ambientazione virtuale opereranno quindi il medico il paziente e magari un fisioterapista che coinvolgerà l’utente diretto con una serie di manipolazioni e interazioni con oggetti virtuali. L’esperienza virtuale con un paziente diventa quindi una modalità che facilita l’azione terapeutica. Sostenere quindi il percorso terapeutico di un utente immerso vuol dire attivare un percorso che porti ad evidenziare quelle esigenze e quei valori individuali che definiscono la crescita di ogni paziente.